Niente social media sotto i 16 anni? La proposta fa discutere
Servizio comunicazione istituzionale
La proposta avanzata dal primo ministro australiano Anthony Albanese di vietare i social media al di sotto di una certa età ha scatenato il dibattito sui social e il loro utilizzo, specialmente nelle fasce giovanili della popolazione. Eleonora Benecchi, docente ricercatrice presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’USI, ha commentato la notizia in un’intervista trasmessa nell'ambito del programma "Telegiornale" della RSI.
Il divieto di utilizzo dei social media ai minori di 14 anni (o addirittura di 16) è un tema che si ripropone ciclicamente e che fa sempre discutere. Recentemente il primo ministro australiano, Anthony Albanese, si è mosso in questo senso, avanzando una proposta che intende limitare l’accesso alle piattaforme social con una legge apposita. In attesa di vedere se questa mozione diventerà realtà o meno, la Professoressa Eleonora Benecchi, docente ricercatrice presso la Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’USI, si è espressa sulla tematica, provando a fare chiarezza nell'ambito di un'intervista trasmessa nel corso del programma "Telegiornale" della RSI.
“Innanzitutto, la riforma proposta include anche dei piani del governo australiano di sperimentare delle tecnologie di verifica dell’età, come il caricamento dei documenti personali e l'uso di tecnologie biometriche per la scansione del volto ” afferma Eleonora Benecchi “ma queste tecnologie presentano molti problemi, soprattutto in termini di privacy e di questo si deve tenere conto dato che si parla di minori”. Un divieto rinforzato tecnologicamente come quello proposto potrebbe portare conseguenze importanti in termini di esposizione dei dati privati dei minori online.
Un altro tema importante è quello dell'opposizione tra realtà fisica, con esperienze e relazioni vere, e social media, con esperienze e relazioni finte o senza valore. “Questa percezione è assolutamente da superare, per i giovani l’esperienza sui social media ha altrettanto valore rispetto a quanto fanno nel mondo fisico. Nelle nostre ricerche i giovani ci raccontano anche delle opportunità che i social media offrono loro per connettersi con gli altri, informarsi e partecipare attivamente alla società. Vietare loro l'accesso ai social media significherebbe bloccare anche lo sviluppo di queste competenze” commenta la Professoressa Benecchi.
Parlando del tempo che i social media sottraggono alle attività del mondo fisico, è importante sottolineare come in realtà sia stato il tempo dedicato ad altri media, soprattutto radio e giornali, a venire eroso. In Svizzera per esempio il tempo passato dai giovani con gli amici o a fare sport non è diminuito negli ultimi 10 anni, nonostante l’esplosione dei social media. “Un divieto del genere dice ai giovani e alle famiglie che non hanno autonomia di azione rispetto ai social media e ignora che i giovani certo sono stati esposti a rischi, ma hanno anche sviluppato capacità di gestione di situazioni negative e complesse online”.
Con una legge simile a quella ipotizzata in Australia, il messaggio che viene trasmesso non è dunque di equilibrio le esperienze online e offline, un equilibrio che invece è fondamentale nella società di oggi. “Non è tanto il fatto di frequentare i social, ma è il fatto di quali altre opportunità e quali altre opzioni diamo ai giovani. È dunque importante che i social non rappresentino l’unico spazio. Ma non vi è nulla di male in uno scenario in cui essi rappresentano uno dei tanti spazi a disposizione” conclude Eleonora Benecchi.
Di seguito il servizio completo, trasmesso dal programma "Telegiornale" della RSI.